Diario di uno studente – Cominciare e sentirsi già a casa

Ripercorro i primi due weekend di Master attraverso gli appunti e mi sembra che l’inizio di questo percorso sia già molto indietro, quasi lontano, alle mie spalle. In realtà, non sono passate neanche due settimane dalla prima volta che insieme ai miei compagni ci siamo seduti ai banchi dell’aula 15 del Teaching Hub. Dal primo secondo in classe, ci siamo subito divertiti.

I miei quaderni però sono già pieni, usati, scarabocchiati, lavorati, invecchiati: non sembra affatto un inizio. Deve essere tutta colpa della voglia di raccogliere ogni singola parola delle lezioni del Professor Melandri o del bisogno di mettere nero su bianco le idee partorite durante i primi lavori di gruppo. Dopo due soli weekend di lezione, mi rendo conto di essere già immerso in quello che sto facendo e studiando. In effetti, me ne rendo conto solo ora: troppo preso dal guardare avanti, non mi ero ancora fermato a pensare.

 P8b0248Continuo a sfogliare le pagine e lo sguardo si ferma su due parole rimarcate con spinta dalla penna: PARTITA DOPPIA. Qui gli appunti si infittiscono: forse questa parte è meglio sfogliarla velocemente per evitare un mal di testa. Non ho mai studiato economia, neanche pensavo mi piacesse. Ora invece mi ritrovo qui a compiere questo sforzo mentale perché mi è venuta voglia capire le basi della contabilità.

Ma non ci sono solo lo studio e la teoria. Venerdì abbiamo incontrato gli studenti della Classe 2019, in occasione della consegna dei loro diplomi. Mi sono sembrati molto affiatati e legati tra di loro, come una famiglia. Chissà se l’anno prossimo sarà così anche per noi. Guardandomi attorno, ho avuto la sensazione che anche i miei compagni se lo stessero chiedendo. Nel dubbio, finita la serata, ci siamo infilati in un locale per la prima sessione di karaoke, come da tradizione del Master. Direi che siamo partiti col piede giusto.

Mario – Classe 2020

 

 


Diario di una studentessa – Il Fundraising si fa col cuore

Mi siedo alla scrivania dell’Ufficio Master al Teaching Hub e, come ogni lunedì dopo il weekend trascorso in aula, mi metto ad annotare le valutazioni fatte dalla classe sulle varie docenze della settimana. Scheda dopo scheda, commento dopo commento, mi rendo conto che anche quella appena trascorsa è stata una bella settimana, non solo per me, ma anche per i miei colleghi: piena, entusiasmante, stancante.

Sto pensando che tutte le volte che vivo una giornata impegnativa, torno a casa un po’ più felice del solito perché ho la consapevolezza di aver fatto tanto per me stessa: ho raccolto insegnamenti, consigli, opinioni, sorrisi, emozioni, segni di gratitudine, e questo mi fa capire che forse anch’io ho dato agli altri qualcosa di me. Il Master è intenso, non solo perché durante i tre giorni pieni di lezione gli insegnanti non ci risparmiano alcuno sforzo mentale, ma anche perché la loro passione nel trasmetterci tutto l’amore per ciò che fanno è travolgente. Così come lo è anche la nostra voglia di studenti di apprendere e vivere al massimo tutto ciò che il far parte della grande famiglia del Master comporta.

Testimonianze Landing Aziende2

Leggo i commenti che alcuni dei miei colleghi hanno lasciato nelle schede di valutazione. Qualcuno chiede alla Professoressa Orelli più tempo per le esercitazioni di gruppo, qualcun’altro vorrebbe approfondire con il Professor Melandri il tema della Tabella dei Range, qualcun’altro ancora è super entusiasta dell’emozionante Masterclass di Emotionraising del Professor Ambrogetti… Ecco! Ci risiamo! Chi sarà mai, tra i miei colleghi, quello che si ostina a chiedere sedie più comode?! Rido un sacco! Ma sono intenzionata a scoprire di chi si tratta.

Essere il Tutor d’aula è faticoso, non smetto di correre neanche per un attimo, ma è bello perché ho il privilegio di entrare in contatto anche con le ansie dei colleghi e questo mi aiuta a conoscerli un po’ di più e a capire come ognuno di loro si aspetta di vivere quest’esperienza unica.

A conti fatti, durante questa settimana, abbiamo spremuto le meningi insieme cercando di risolvere un caso reale di fundraising. Ma non solo. La classe ha fatto le ore piccole al Jump fraternizzando con una band di cantanti un po’ improvvisata. L’indomani tutti insieme abbiamo pianto guardando gli spot pubblicitari ad alto contenuto emotivo proposti per la lezione di Emotionraising dal Professor Ambrogetti (anche se i più duri hanno cercato di nascondere le lacrime). Abbiamo analizzato un vero bilancio d’esercizio insieme alla Professoressa Orelli cercando di rilevarne, in gruppo, gli elementi più significativi.

Sento che in fondo ad ogni cosa che imparo, sebbene si tratti di temi assai differenti, c’è sempre un filo conduttore. Non uno qualsiasi, deve essere qualcosa di importante. E al termine della settimana, stracarica di nozioni ed esperienze nuove, ciò che scopro e che sono certa sia entrato prepotentemente nella testa di ognuno di noi è che il fundraising è soprattutto una questione di cuore, che per quanto la logica matematica ci serva per far quadrare i conti, la trasmissione delle emozioni farà sempre la differenza tra un fundraiser e un grande fundraiser.

Adriana – Classe 2020

 

 


Diario di una studentessa – Un anno unico nel suo genere

Scorro velocemente le conversazioni di Whatsapp e ritrovo il messaggio di Claudia “Buongiorno splendori… tutti/e in classe”. Questa cosa mi strappa un sorriso un po’ amaro, perché se da un lato mi sembra così naturale che Claudia sia riuscita a farsi volere bene da tutti noi e a interagire in modo così affettuoso, dall’altro penso a quanto sarebbe stato bello se a dircelo fosse stata lei di presenza, dalla nostra aula 15 del Teaching Hub.

Progetto Senza Titolo

Invece, mi ritrovo a fare queste riflessioni a gambe incrociate, nella mia cucina, con una tazzina di caffè davanti, nella stessa posizione (e con la stessa tazzina di caffè) in cui ho seguito le lezioni di questa settimana.

Purtroppo, la quotidianità di tutti è stata stravolta da un virus che inaspettatamente ci ha costretto a cambiare le nostre abitudini, ad allentare i rapporti, a tenere le distanze. Una situazione che inevitabilmente si è riversata anche sulle lezioni del Master ed ha costretto anche noi studenti a traslocare online.

Un po’ ci abbiamo fatto l’abitudine: è ormai la quarta settimana che ci incontriamo così. Sicuramente le prime volte è stata più dura e anche se ora non ci stranisce più interagire con i docenti tramite il microfono del computer pur non avendoli davanti, comunque fa sempre un po’ tristezza.

Mi ritengo fortunata però: una delle mie coinquiline è una mia compagna di Master. Abbiamo trovato casa insieme dopo pochi giorni dall’inizio dei corsi. Seguire le lezioni con lei in qualche modo mi fa un po’ ritornare in aula. C’è il gruppo whatsapp con i miei compagni, in cui ogni tanto scappa una battuta su quanto excel sia il nuovo figlio del demonio o qualche meme ironico sulla quarantena.

Poi – fortunatamente – ci sono i lavori di gruppo. Ci dividiamo in gruppetti da sei e in stanze virtuali discutiamo dell’esercitazione del momento, ma soprattutto abbiamo modo di vederci in faccia e aggiornarci: “come state?” “come sta passando questa quarantena?” “dai, che presto finirà tutto, teniamo duro”.

Progetto Senza Titolo 3

Sicuramente mi aspettavo quest’anno di Master un po’ diverso: week-end intensi, networking di persona con i professori, aperitivi, aperitivi e ancora aperitivi con i miei compagni. Purtroppo non sarà così. Ma sono anche certa che questa classe di Master sarà speciale e unica.

In questo momento si è innescata una catena di solidarietà che non ha precedenti e, mai come ora, gli occhi sono puntati non solo su chi dona, ma anche su chi chiede. E il pensiero che noi stiamo entrando in punta di piedi in questo vortice solidale che non si esaurirà nell’emergenza, ma procederà, impercettibile ma costante, mi carica di orgoglio ed emozione.

Federica – Classe 2020

 

 

 

 


Diario di uno studente – Condividere è bello, anche da lontano

“Driiin! Driiin!”
<<Che ore sono? Ma soprattutto che giorno è?>>
Spengo la sveglia, rimango imbambolato seduto sul letto mentre provo ad infilarmi le ciabatte e cerco il coraggio di alzarmi. La mattina per me è sempre un momento delicato, a prescindere dalla quarantena. Una volta sceso dal letto il rito è sempre lo stesso: caffè.
Cerco in tutti i modi di mettermi in moto, e fino ad ora le ho provate tutte: rimango in pigiama o mi vesto come se dovessi uscire, cambio in continuazione la mia alimentazione al mattino, faccio esercizi. Ma niente. Credo proprio di essere io il problema e non la quarantena, è una vita che faccio così.
Una volta superate le mie fisime mattutine ritorno in camera, guardo i libri del Master che ancora devo studiare e scelgo se aprirne uno nuovo che ancora non ho toccato oppure accendere il pc e mettermi sotto con l’annual fund plan. Vado per la seconda.
Acceso il computer la testa non può che volare, anche se con un pizzico di rammarico, verso le moltissime lezioni online che abbiamo avuto insieme a i ragazzi e le ragazze della classe. Ed inizio a riflettere.
Penso “chissà quando si potrà tornare a stare seduti tra i banchi, quelli veri, e a sedersi sulle sedie, quelle scomode, dell’aula 15”. Sovrappensiero abbozzo un sorriso e penso a tutti i momenti di quotidianità condivisi nell’aula virtuale.
Mi vengono in mente tutti i gatti mezzi addormentati sulle tastiere dei pc dei miei compagni, la figlia di Picciaiola che vuole partecipare alle “call” del babbo, l’Elisa che in continuazione fa apprezzamenti sui quadri della “Clò” (dai Claudia, regalagliene uno!).
Tutto sommato, va bene anche così. Perché condividere è bello, essere consapevoli di riuscire a farlo a distanza e all’interno di una scatola lo è ancora di più.
Va bene così, in attesa, come tutti, del DPCM definitivo che ci farà tornare alla normalità.
Andrea – Classe 2020